IL TRIBUNALE
   Ha  pronunziato  la   seguente   ordinanza   sulla   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 100, secondo comma, d.P.R. n.
 570/1960, sollevata dal pubblico ministero in riferimento all'estrema
 brevita' del termine di prescrizione previsto per  il  reato  di  cui
 all'art.    90, secondo comma, d.P.R. citato, che e' stato contestato
 agli imputati Rossi Stefano, Bartolomeoli Giuseppino, Porcaro Angelo,
 Tempo Lodolo Eliana, Nardini Luigi, Nardini Luca, Nicoletti Italo nel
 procedimento n. 4/1998 r.g. trib., per  violazione  dei  principi  di
 ragionevolezza,  di obbligatorieta' dell'esercizio dell'azione penale
 di cui all'art.   112, Cost.  e  di  buon  andamento  della  pubblica
 amministrazione di cui all'art. 97, Cost.;
   Sentiti i difensori degli imputati;
                             O s s e r v a
   Premesso che il reato di cui all'art. 90, secondo comma, d.P.R.  16
 maggio  1960,  n.  570,  contestato a tutti gli imputati, pur essendo
 punito con la reclusione da due a cinque  anni  e  con  la  multa  e'
 soggetto  ad  un  termine prescrizionale di soli due anni, secondo il
 disposto dell'art. 100, secondo comma, d.P.R. citato;
   Rilevato che l'estrema brevita' di tale termine, ove  si  consideri
 il  diverso  e  molto piu' lungo termine ordinario decennale previsto
 dall'art. 157, n. 3, c.p.,  con  riferimento  a  delitti  puniti  con
 identica  pena  edittale  massima  appare  del  tutto  irragionevole,
 vieppiu' osservando come identico termine prescrizionale sia previsto
 dall'art. 157, n. 6, c.p. per fatti di ben minore gravita', quali  le
 contravvenzioni  punite  con  la  sola  pena  pecuniaria, considerato
 ancora che  l'art.    479  c.p.  che  punisce  condotte  analoghe  e'
 sottoposto  al  termine prescrizionale decennale di cui all'art. 157,
 n. 3, c.p.;
   Atteso che la pena edittale minima prevista per  il  reato  di  cui
 all'art.  90 d.P.R. citato - doppia rispetto a quella minima prevista
 per il reato di falsita' ideologica in atti pubblici - e' indice  del
 marcato  disvalore  sociale che il legislatore ha voluto attribuire a
 tale condotta, trattandosi di norme poste a  tutela  del  corretto  e
 regolare  svolgimento del procedimento elettorale e, conseguentemente
 del funzionamento delle  istituzioni  democratiche,  cio'  che  rende
 tanto  piu'  incomprensibile che per siffatte violazioni sia previsto
 lo stesso termine prescrizionale  stabilito  per  le  contravvenzioni
 punite  con  la  sola  pena dell'ammenda e dunque per fatti di minima
 rilevanza sociale;
   Ritenuto che tale previsione si  palesi  dunque  in  contrasto  con
 l'art.  3, Cost. in quanto situazioni analoghe sono irragionevolmente
 sottoposte ad un diverso trattamento normativo,  nonche'  con  l'art.
 112,  Cost.  perche', per la complessita' e durata degli accertamenti
 da svolgersi sulla regolarita' di rilevante numero di  sottoscrizioni
 per liste elettorali, l'assoluta esiguita' del termine prescrizionale
 vanificherebbe in concreto l'effettivita' dell'obbligatorio esercizio
 dell'azione  penale,  nonche'  con  l'art.  97,  Cost.  in  quanto si
 determinerebbe  un  inutile  dispendio  di   attivita'   processuali,
 destinate  ad  essere  frustrate  per  il rapido maturare del termine
 prescrizionale;
   Osservato  che,  per  quanto  prospettato  dal  pubblico  ministero
 mediante la produzione del verbale dell'ufficio centrale per il turno
 di  ballottaggio  di  data  9  maggio 1995, il reato in esame risulta
 prescritto,  ove  applicata   la   norma   della   cui   legittimita'
 costituzionale si dubita, in data 9 maggio 1998:
     che il giudizio non puo' quindi essere definito indipendentemente
 dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale;
     che,  ovviamente, il giudizio di rilevanza della questione non e'
 inficiato dall'intervenuto decorso del termine prescrizionale,  posto
 che oggetto della questione di legittimita' costituzionale e' proprio
 la norma che stabilisce la durata del detto termine, onde non puo' in
 ogni  caso sostenersi l'attuale esaurimento dei rapporti giuridici in
 esame,   ne',   conseguentemente,   accogliersi   la   richiesta   di
 declaratoria ex art. 129 c.p.p.;
     che,  infine, il rilievo sulla natura piu' favorevole della norma
 impugnata rispetto a quella eventualmente conseguente al giudizio  di
 legittimita'  costituzionale  non  preclude,  sotto  il profilo della
 rilevanza e ammissibilita', la proposizione della  questione  de  qua
 (sentenza Corte costituzionale n. 148 del 1983).